In Italia non esiste una vera e propria nomenclatura ufficiale dei tagli di carne, sono tutti diversi da regione a regione ma c’è un termine che mette tutti d’accordo: la “fiorentina”, un pezzo della lombata posteriore divenuto iconico nel nostro paese.
Negli ultimi anni, però, anche in Italia si fanno sempre più largo nuove terminologie. Nello specifico, per identificare il taglio “fiorentina” si parla di T-Bone e Porterhouse: tagli contraddistinti dall’osso della vertebra lombare, dalla caratteristica forma di una “T” rovesciata, attaccato al filetto e al controfiletto.
Ma qual è la differenza tra la bistecca T-Bone e Porterhouse?
La differenza sta nella dimensione del filetto. La Porterhouse proviene da un’estremità, quindi è più grande e contiene più filetto. Più si va verso la parte anteriore dell’animale, più il filetto si restringe e si arriva alla T-bone e che, dunque, si ricava dal centro del taglio.
Per riassumere la T-Bone è la bistecca con il filetto più piccolo e il controfiletto più largo, la Porterhouse è l’opposto con filetto grande e controfiletto appena più stretto.
Come cucinare la tua T-bone?
Per quanto riguarda cottura e modalità di preparazione, per essere definito tale, il taglio fiorentina deve essere alto almeno 4 o 5 centimetri così da poter stare dritto in piedi, appoggiato sull’osso, su brace o griglia.
Come tutti i tagli importanti, prima di mettere la carne sul fuoco è indispensabile tenerla a temperatura ambiente qualche ora per evitare lo shock termico.
Per una T-Bone o una PorterHouse mondiale, sale maldon e olio EVO sono gli unici condimenti da utilizzare, rigorosamente a fine cottura.
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